Cresciuti in anni in cui la parola “tradizione” era quasi sinonimo di arretratezza culturale, a suo tempo abbiamo riscoperto con meraviglia nel Teatro dei Burattini questo mondo magico ed un po’ “tribale” in cui Arlecchino, Pantalone, Brighella, Colombina e... gli altri ci attendevano, pazienti, da qualche secolo. Abbiamo gustato la loro poesia e li abbiamo seguiti sul sentiero misterioso che ci indicavano: il recupero e la rilettura di antichi “Canovacci”, la ricerca iconografica sui costumi e sui volti / maschera dei personaggi, l’evoluzione storica che li ha trasformati, i loro... tipi. L’attualità di questo teatro di caratteri è davvero straordinario e addirittura sconcertante la loro valenza come specchio del vissuto degli esseri umani. Sopravvissute nelle baracche fino ai primi del novecento, ribelli alla riforma goldoniana del “teatro borghese”, le nostre eroiche personcine ritrasmettono ora tutta la loro carica innovativa e disgregante nei confronti dei luoghi comuni e del perbenismo, mantenutasi viva attraverso il mare del tempo. Il patrimonio popolare non è né folcloristico né pittoresco, tanto meno nostalgico o “dietrista”. Vogliamo liberare Arlecchino dal confino nei Carnevali. Perché allora non far partecipare a questa rivoluzionaria cultura tradizionale i ragazzi? In fin dei conti, forse è più vicina a loro degli incredibili e dei supereroi...